la storia dei miei russian tea cakes è una storia buffa a base di uroboro (eh?), ricordi e pasticcini, che prende il via un pomeriggio di inizio novembre in cui, circondata da samovar gorgoglianti e tazze fumanti (cit.), assaggio (tra le altre cose) alcuni piccoli biscotti goderecci creati dalle manine abili de la signora delle camelie. tornata a casa con quel ricordo un po’ sognante, e ispirata dal loro sapore di noce, decido che è ora di svuotare la ciotola e tuffare i gherigli in un impasto assaggiato in tempi lontani ovattati di fanciullesco candore: spolvero il libro di Marianne Magnier-Moreno, seguo le istruzioni e sforno il ricordo risvegliato dall’amica di tè. sorpresa! il biscottino sembra proprio il suo ispiratore. la memoria mi starà ingannando? la riflessione purtroppo è subito abbandonata in favore del mio perfezionismo, che si dichiara deciso a ridurre la quantità di burro, se possibile. il biscottino ce la fa: dopo un paio di tentativi esce, a parità di consistenza, con un pizzico di noci in più e una manciata di burro in meno! decido che è il caso di condividere la scoperta ma, proprio mentre mi appresto a citare la mia musa ispiratrice, scopro che si chiama russian tea cake e, soprattutto, mi accorgo di quanto sembri il gemello più inzuccherato del mio piccolo ma fiero biscotto. epilogo: è lui. potete immaginare il trauma. dopo aver scoperto emozionata che si trattava esattamente di quello assaggiato in atmosfera russa, che aveva un nome e delle origini, la mia espressione facciale ha avuto un drastico cambio (beh, drastico non proprio, considerato il mio stato paraletargico): mi sono subito chiesta se non avessi fatto la fatica di correggere la ricetta per scoprire che qualcuno l’aveva già elaborata. ma ora posso tirare un sospiro di sollievo e un’urletto vittorioso: la mia versione, per quello che ho visto, non solo sembra non essere un sosia, ma pare anche quella col minor contenuto di burro! questo non vuol dire che i suddetti biscottini ne contengano poco: sono biscotti A BASE di burro, la loro consistenza morbidissima e pastosa E’ DATA dal burro (scappate finché siete in tempo), ma se considerate che la quantità di zucchero è ridicola (ammesso che non li rotoliate furiosamente in quello impalpabile alla fine dell’opera) e l’uovo è il grande assente, penso possano ritenersi un compromesso più che accettabile. (ah, avete capito dove sta l’uroboro in tutta questa storia, vero?)
P.S. dopo la fenomenale scoperta mi sono documentata e ho deciso di inserire anche la tecnica dell’inzuccheratura classica, ma prima di buttarvici a capofitto vi consiglio di assaggiare tutte e tre le versioni: nudi, leggermente inzuccherati, massicciamente inzuccherati. soddisferanno qualsiasi palato.
CON CURA in questi biscotti poco dolci è importante utilizzare del sale (in mancanza di quello rosa anche il fleur de sel va benissimo) e delle noci di alta qualità (facciamo anche nostrane)
SENZA FRETTA macinare il sale rosa: se i grani dovessero rimanere grossi, ridurli in polvere con un pestello
tritare finemente i gherigli di noce con 3 cucchiai abbondanti di farina prelevata dalla quantità indicata
in una ciotola setacciare la farina, unire la farina di noci ottenuta, aggiungere il sale e mescolare bene
in un’altra ciotola lavorare il burro a pomata con lo zucchero
unire l’estratto di vaniglia e sbattere brevemente con le fruste per incorporarlo
unire gli ingredienti secchi e sbattere a velocità bassa quel tanto che basta a ottenere una consistenza sabbiosa
finire di lavorare con una spatola per ottenere una consistenza compatta e morbida
formare delle palline di pasta della dimensioni di una grossa noce (24 – 25 g) e disporle su una teglia rivestita di carta da forno
infornare a 170° per 20′ (fino a leggerissima coloritura, ma non doratura)
lasciare intiepidire 10 – 15′ poi trasferire con delicatezza su una gratella e lasciare raffreddare completamente
DULCIS IN FUNDO
ricoprirli di zucchero a velo, a seconda dei gusti:
SODALIZI questi biscotti di carattere hanno comunque una personalità versatile: stanno d’incanto con il mei gui hong cha, tè rosso alla rosa (la signora delle camelie docet), ma sono altrettanto sorprendenti con i tè verdi giapponesi, in particolare il sencha (in questo caso però, con l’accortezza di omettere lo zucchero a velo)
No, io non scappo. Mi sono arresa al burro, ormai… :-) In alcuni tipi di biscotti è fondamentale… e i francesi, cari amici della mia golosità, lo insegnano bene…
A proposito di Francia, dalla Bretagna ho portato bustine di fleur de sel che devo ancora usare, le sto tenendo nella credenza come oggetti preziosi… ma sarà ora di inaugurarli, o no? ;-)
oh Gatta, non dirmi che anche tu tieni conserve, sali, fiori e spezie come cimeli preziosi nella credenza! io ho questo problema, per cui ti posso dire che è proprio l’occasione giusta: poichè è giusto un pizzico, il fleur de sel che occorre, sarà un battesimo molto delicato e non te ne accorgerai quasi. poi, all’assaggio del biscotto, ti dimenticherai subito dell’afflizione di averne già usato un po’. ;)
(i Francesi e il burro mi hanno tratta in inganno questa volta! la ricetta da cui sono partita li chiama “sablés morbidi alle noci”: come si fa a non credere alla francesitudine di un biscotto colmo di burro? D:)
An Lullaby
Ahah credo di aver capito dove sta l’uroboro in questa storia, sì :) Come al solito resto incantata dalle tue parole e dalle tue ricette :)
Francesca, ma grazie! :D si, i tea party di Nicoletta sono bellissimi (e verrà il tempo in cui parteciperai anche tu). :3
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